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Ragazzi Hikikomori, i casi sono in crescita «Riconoscere i segnali è fondamentale» - 20/02/2024

Chiusi nella propria stanza rifiutano ogni contatto sociale. Quello dei ragazzi Hikikomori è un disturbo dell'età moderna, strettamente legato alla dimensione di Internet e ancora poco conosciuto ma sempre più diffuso.

Il bellunese non ne è esente e l'Ulss 1 Dolomiti offre professionisti e servizi alle famiglie, perché riconoscere in fretta i sintomi è il fattore più importante per recuperare i ragazzi.

Nicolò Testone, direttore della neuropsichiatria infantile, studia questo disturbo da tempo e spiega come viene affrontato: «Nei tre anni alla guida della neuropsichiatria infantile dell'ospedale San Martino, ho avuto e ho ancora in carico un caso di una ragazza, ma questo dato è sicuramente falsato, perché altri casi possono essere arrivati ai servizi territoriali e classificati diversamente. Bisogna tener conto, infatti, che stiamo parlando di un quadro clinico i cui contorni sono estremamente poco chiari, sfumati e quello che per me può essere inquadrato come disturbo Hikikomori, per un collega si colloca in altre tipologie di diagnosi».

Le differenze però ci sono: «Il quadro degli Hikikomori va ben distinto da altri sintomi psicopatologici degli adolescenti, che possono essere associati a disturbi sociali, depressivi e di personalità tipici dell'età adolescenziale e vanno trattati diversamente».

L'obiettivo principale è la tempestività della diagnosi: «È fondamentale che gli Hikikomori vengano individuati fin dai primi segni clinici. La diagnosi è facile allo stadio "terminale" ma noi dobbiamo essere bravi a capirla prima, con l'aiuto delle famiglie e della scuola a percepire i primi segni in modo da intervenire precocemente». Gli Hikikomori, infatti, si allontanano anche dalla scuola, oltre che dalle amicizie e dalla vita sociale in generale.

Ma quali sono le cause che portano i ragazzi ad uscire dalla società e rinchiudersi in casa?
«Ci sono varie concause», spiega il dottor Testone, «ma il nucleo psicopatologico di questo disturbo è il fatto che si tratta di adolescenti che decidono in maniera assolutamente autonoma di defilarsi e di avvicinarsi eccessivamente alla dimensione online, perché non riescono ad accettare l'attuale competizione scolastica e sociale. Siccome si tratta di adolescenti, il primo luogo spia è la scuola, però si arriva gradualmente al quadro di Hikikomori. Nella fase iniziale il ragazzo o la ragazza inventa le scuse più disparate per non andare a scuola, poi non risponde più ai messaggi e alle chiamate degli amici, rifiuta gli inviti ad uscire e si ritira gradualmente dalle attività extra scolastiche, ricreative, sportive e associazionistiche, fino ad arrivare al fatto che la dimensione online diventa l'unico modo di restare connessi alla società, al mondo. A quel punto gli Hikikomori rimangono ancorati al mondo virtuale, mettendo fuori il mondo reale. Restano chiusi nella loro stanza, non parlano con nessuno e stanno sempre attaccati al telefonino o al computer; invertono il ritmo sonno veglia stando svegli di notte e dormendo di giorno e passano il tempo sui social e sulle piattaforme varie. Inoltre curano poco l'igiene personale e non mangiano in compagnia, nemmeno con i genitori».

A questo punto, però, il quadro è già troppo grave: «Dobbiamo cogliere i segnali molto prima, cioè quando un ragazzo inizia a non presentarsi a scuola. Di fronte a certi segnali, la famiglia e la scuola devono rivolgersi ai servizi che possono aiutarli», insiste Testone e il primo passo è quello verso la desensibilizzazione da Internet. «Quando Internet non c'era, infatti, non esisteva nemmeno questa patologia», sottolinea Testone.

«L'Hikikomori storicamente inizia come un disturbo della cultura giapponese, perché è in Oriente che si sono evidenziati i primi casi, ma poi si è visto che questa patologia è presente in tutte le società più sviluppate e quindi anche in Europa e in Italia. Il Giappone è già alla seconda generazione, mentre in Italia si è iniziato a parlare del fenomeno intorno al 2007-2008. Possiamo affermare che l'Hikikomori fa parte di quei quadri psicopatologici legati alle dimensioni online che ancora oggi sono oggetto di studio. Nei manuali storici su cui hanno studiato quelli della mia generazione e di quella successiva, non troviamo nulla: è un problema recente e ancora non sappiamo a quali effetti e quali quadri clinici ci troveremo di fronte in futuro».

Vietare l'accesso a Internet non è la soluzione né un metodo di prevenzione: «Purtroppo no, bisogna invece orientare i ragazzi verso un uso consapevole di questi strumenti, riportandoli a una dimensione più reale». Un altro aspetto da tenere in considerazione è quello delle difficoltà di apprendimento, che se non affrontate in maniera corretta dalla scuola portano alla dispersione scolastica e possono sfociare in casi di Hikikomori: «Il ragazzo con gravi difficoltà a scuola, non potendo affrontare la competizione, decide deliberatamente di allontanarsi».

E non ci sono condizioni ambientali e sociali più sfavorevoli.
«I ragazzi che abitano nei piccoli paesi non hanno opportunità adeguate alle esigenze adolescenziali, quindi spesso la dimensione online rappresenta l'unico modo di rimanere connesso con gli altri ragazzi e con la cultura attuale. Però c'è il vantaggio che in una piccola comunità le dinamiche adolescenziali si vedono prima e prevenire è più semplice». Assolte, infine, le restrizioni dovute al Covid: «Penso proprio che non c'entrino, perché il disturbo deriva dalla mancanza di strumenti necessari ad affrontare la competizione della vita sociale». 

di Irene Aliprandi 

 

Fonte: Corriere delle Alpi