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La condizione socioeconomica delle persone con disabilità in Europa - 08/04/2024

Sono circa 101 milioni le persone con una qualche forma di disabilità che vivono nell’Unione Europea, vale a dire il 27% della popolazione di età superiore ai 16 anni, poco più di un adulto su quattro: di tratta di alcuni dati relativi all’anno 2022 prodotti dall’Eurostat, l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea, ripresi in un interessante articolo a firma di Servet Yanatma, pubblicato da «EuroNews» il 3 aprile scorso (In Europa dove è più difficile vivere per le persone con disabilità?).

 

Yanatma evidenzia che le persone con disabilità devono affrontare diverse forme di disuguaglianza, ma anche che la Commissione Europea ha fissato degli standard di vita per garantire loro che possano vivere in modo dignitoso. Tali standard comprendono servizi per la vita indipendente, servizi sociali e occupazionali di qualità, un’adeguata protezione sociale, la formazione continua, alloggi accessibili e inclusivi, nonché un’economia sociale rafforzata. Va comunque tenuto presente che la comparazione delle diverse condizioni delle persone con disabilità nei Paesi europei deve tenere conto dei significativi divari socioeconomici tra persone con e senza disabilità.

 

L’indagine ha assunto come definizione di disabilità quella relativa alla presenza di limitazioni nello svolgere determinate attività a causa di problemi di salute in un periodo di almeno sei mesi, e ha incluso nel novero delle persone con disabilità quelle con almeno una difficoltà nelle attività di base (come vedere, sentire, camminare, ricordare ecc.). Utilizzando questi parametri è emersa una considerevole varianza nelle percentuali di persone con una qualche forma di disabilità dei 34 Paesi europei considerati, con ai due estremi il 14,6% della Bulgaria e il 38,4% della Lettonia (l’Italia è al 22,7%). Queste percentuali includono sia persone con limitazioni meno severe, sia quelle con limitazioni più importanti. Sotto questo profilo le persone di età pari o superiore a 16 anni residenti nell’Unione Europea con “alcune limitazioni” sono il 19,8%, mentre quelle che hanno dichiarato di avere “limitazioni gravi” sono il 7,2%. Anche in relazione a questo aspetto vi è una notevole differenza tra i diversi Paesi, con la Bulgaria che totalizza la percentuale più bassa di persone con gravi disabilità (2,7%) e l’Estonia quella più elevata (10,3%), mentre la percentuale riscontrata in Italia è del 5,5%.
La presenza di differenze così marcate tra le percentuali dei diversi Paesi è in parte spiegata dal metodo di rilevazione dei dati, infatti, essendo essi autodichiarati dalle stesse persone coinvolte nell’indagine, risentono della loro percezione soggettiva, nonché del loro background sociale e culturale. Nonostante ciò l’Eurostat considera queste statistiche «indicatori rilevanti e affidabili dello stato di salute delle popolazioni», e ritiene che siano molto utili per le analisi delle tendenze e per misurare le disparità socioeconomiche tra le persone con e senza disabilità.

 

Tra i divari socioeconomici più rilevanti tra persone con e senza disabilità vi è certamente l’esposizione al rischio di povertàConsiderando le sole persone con disabilità, all’interno dell’Unione Europea la percentuale di quelle esposte al rischio di povertà varia dal 13,6% della Slovacchia al 44,4% dell’Estonia. Se invece si confronta il rischio di povertà tra persone con e senza disabilità, è evidente che quelle senza disabilità vi sono meno esposte. Considerando infatti i 34 Paesi europei (i 27 membri dell’Unione Europea, i 5 candidati ad esserlo e i 2 membri dell’EFTA, l’Associazione Europea di Libero Scambio), è emerso che il 20,5% della popolazione europea con disabilità era a rischio di povertà, rispetto al 14,5% delle persone senza disabilità. In termini assoluti, questa differenza era minore in Italia e Grecia (rispettivamente uno e due punti percentuali). La misura del maggiore svantaggio delle persone con disabilità è resa ancora più evidente dal fatto che in tredici Paesi dell’Unione Europea il divario rispetto alle persone senza disabilità era superiore a 10 punti percentuali.

 

Anche i dati sulla disoccupazione evidenziano il divario tra persone con e senza disabilità. Nel 2022 il tasso medio di disoccupazione dei Paesi dell’Unione Europea era del 9,4% per le persone con disabilità e del 6,1% per quelle senza disabilità. In Italia le percentuali di disoccupazione erano rispettivamente di 12,8% e 8%, con un divario tra persone con e senza disabilità di 4,8 punti percentuali a svantaggio delle persone con disabilità.

 

Se i dati sulla disoccupazione sono stati rilevati dall’Eurostat, per quelli in materia di occupazione Yanatma ha ritenuto di fare riferimento ad un rapporto dell’Istituto Sindacale Europeo (ETUI – European Trade Union Institute) redatto da Angelina Atanasova, ricercatrice dell’Osservatorio Sociale Europeo di Bruxelles. Da esso risulta che nel 2022 il divario occupazionale delle persone con disabilità dell’Unione Europea era di 21,4 punti percentuali, con una varianza che andava dagli 8,5 punti percentuali del Lussemburgo ai 37 dell’Irlanda (14 per l’Italia).

 

L’ultimo indicatore considerato nell’articolo di Yanatma riguarda le prestazioni per la disabilità, e mostra che all’interno della spesa totale per la protezione sociale la quota destinata alla disabilità è significativamente bassa. In questo caso i dati dell’Eurostat si riferiscono al 2021 ed evidenziano una quota media delle prestazioni per la disabilità sul totale della spesa per la protezione sociale pari al 6,9%, con un primato dei Paesi nordici (Danimarca 16,8%, Norvegia 15,8%, Islanda 14,9%) e del Lussemburgo (11.4%). La percentuale dell’Italia – 5.3% – risultava sotto la media europea. (Simona Lancioni)

 

Si segnala che nell’articolo In Europa dove è più difficile vivere per le persone con disabilità? di Servet Yanatma, pubblicato da «EuroNews» il 3 aprile scorso, sul quale si basa il presente contributo, sono disponibili le tabelle con il dettaglio dei dati relativi a ciascuno dei 34 Paesi Europei considerati nell’indagine Eurostat e di quelli considerati nello studio dell’Istituto Sindacale Europeo ETUI.

 

Fonte www.superando.it